Dopo la Marcia su Roma e la presa del potere, il Fascismo iniziò a trasformare l’Italia da paese liberale, costituzionale e parlamentare in una dittatura.
Nel 1923 venne approvata una prima legge che consentiva al governo di legiferare attraverso decreti, sottraendo autorità al parlamento. A questa seguirono le cosiddette leggi “fascistissime”. Si cominciò con la legge n. 2263/25 che definiva le prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri, il cui nome mutava in Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato e che stabiliva una responsabilità dello stesso nei confronti del solo Re e non più del Parlamento.
La legge 2029/25 stabilì che tutte le associazioni di cittadini dovevano essere sottoposte al controllo della polizia; la legge 2307/25 impose la chiusura dei giornali antifascisti e una severa censura.
Nel febbraio del 1926 i sindaci elettivi furono sostituiti dai Podestà, nominati direttamente dal governo. La legge 563/26 cancellò il diritto di sciopero e abolì i sindacati; il Regio Decreto 1848/26 dichiarò che il partito fascista era il solo partito legale in Italia, sciolse tutti i partiti contrari al regime e stabilì il confino di polizia per gli antifascisti.
Con il Regio Decreto 1903/26, venne istituita l’OVRA, la polizia segreta per la repressione di organizzazioni sovversive; la legge 2008/26 istituì il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, con competenza sui reati contro la sicurezza dello Stato, per i quali era prevista anche la pena di morte. La legge elettorale plebiscitaria del 1928 stabilì che l’elettore potesse esprimere semplicemente un “sì” o un “no” ad una lista di 400 candidati, designata dallo stato.
Con tali provvedimenti, le libertà democratiche e la dialettica politica venivano di fatto soppresse. Ovviamente, l’opera di fascistizzazione toccò anche le Associazioni di Volontariato e le Pubbliche Assistenze. Il regime non poteva far continuare a vivere una realtà che per sua stessa natura ne rappresentava l’antitesi, in quanto portatrice di valori quali la solidarietà, la condivisione, il servizio disinteressato. Nel 1930, con il Regio Decreto n.84 del 12 febbraio, venne imposto di trasferire alla Croce Rossa Italiana tutte le competenze relative al soccorso e vennero sciolte tutte le associazioni di volontariato prive di riconoscimenti giuridici.
Un altro articolo pubblicato il 3 giugno 1930 sul “Popolo d’Italia”[4], organo del Partito fascista, spiegava così lo scioglimento delle pubbliche assistenze: “Il provvedimento, che riguarda tutta Italia, è ispirato al fine di meglio armonizzare iniziative, mezzi e sacrifici su di un unico indirizzo, per il raggiungimento del bene comune. Prima dell’applicazione del decreto, le Istituzioni volontarie di soccorso erano in Italia circa 500. A Milano le due istituzioni cittadine, Croce Verde A.P.M. e Croce Bianca, e le loro sezioni di Baggio, Lambrate, Musocco e Sesto, daranno modo alla Croce Rossa di svolgere un servizio perfetto. Il soccorso è stato oggi accentrato e disciplinato in modo perfetto. E’ da segnalare, come atto di spiccata disciplina, la spontaneità con la quale le sunnominate istituzioni, sono passate, con la totalità dei loro soci, alla Croce Rossa Italiana.”